#ILOVEKNITTING – Sul filo di lana (prima parte)

10 Giugno 2020Elena Valsecchi

Pensavo di ritornare sul blog con un post di ricette, ed invece eccomi qui con un post sul lavoro a maglia poco male, questa è una cucina creativa e ho sempre detto che oltre al cibo si cuce, si ricama, si legge e si lavora a maglia e all’uncinetto.

Ma perché vi voglio parlare di maglia? Se avete un po di tempo da dedicarmi ve lo spiego.

Photo by rocknwool on Unsplash

Sono figlia di una società, quella di 50 anni fa, che ha sempre considerato il lavorare a maglia o all’uncinetto, piuttosto che il cucire, una forma di aiuto per la famiglia, per far quadrare il bilancio famigliare, maglioni o vestiti ai tempi della mia infanzia, se si era capaci di tenere in mano ago e filo o un ferro da maglia ce li si faceva in casa. Mia mamma con il taglio e cucito non è mai andata d’accordo ma con la maglia ragazzi, era un portento. Maglioni bellissimi, paltò foderati, borse e anche vestiti e calze, faceva veramente di tutto, io ero molto curiosa e ho imparato le basi, poi però avrei voluto fare da sola e a mia mamma questo non è mai andato bene, quindi se sbagliavo, lei disfava il lavoro e sistemava l’errore senza darmi l’opportunità di capire, questa cosa mi ha sempre fatto imbestialire.

Ma la mia creatività non si è mai fermata, per cui dopo essermi sposata, ho ripreso in mano le basi della maglia, dell’uncinetto, del ricamo e ho pure fatto un corso di taglio e cucito, insomma creativa sono nata e creativa continuo ad essere.

Negli ultimi mesi la maglia mi ha catturato sempre più, nei momenti di sconforto o di tristezza davvero è stata una grande valvola di sfogo, il concentrarmi su uno schema, il fare e disfare, il scegliere il filato ed il modello, è stata una vera e propria terapia.

In questo periodo così particolare di isolamento a causa del virus, ho preso alcune decisioni sia per la mia salute che per la mia crescita personale. Per la salute ho ripreso in mano le redini e mi sono rimessa a dieta, o meglio ho cercato di seguire un’alimentazione corretta e sana e devo dire che sta dando i suoi frutti, per la mia crescita personale, visto i miei primi 50 anni appena compiuti ho pensato che forse era doveroso che facessi nel mio tempo libero quello che mi dava soddisfazione in quel momento, ovviamente rispettando il limite del lecito e del rispettabile 🙂 , non pensate male ed in questo momento la maglia è al primo posto, ma capirete meglio leggendo il libro di Loretta, dove mi sono ritrovata in ogni sua sensazione e motivazione.

Qualche mese fa mi aveva incuriosito questo libro,  non uno dei miei soliti romanzo ma bensì un libro che parlasse di una delle mie passioni, il lavoro a maglia, pensavo fosse un libro che esplorasse la sfera della creatività ma ad un livello sentimentale, una sorta di racconto autobiografico dell’autrice, ma mi sbagliavo, per fortuna.

“Il lavoro a maglia è una metafora perfetta, non solo per parlare di ricordi personali, vicende sentimentali e aneddoti familiari, ma anche, ampliando la prospettiva, per raccontare meccanismi globali economici e politici. Ce lo dimostra Loretta Napoleoni in questo libro che tratta di sociologia e di politica, ma è anche un doloroso viaggio alla scoperta di sé, dei propri limiti e delle proprie risorse.

Il viaggio della maglia ha inizio tra il 6000 e il 4000 a.C., quando i nostri progenitori avevano messo a punto un metodo rudimentale per creare degli indumenti e ripararsi così dalle intemperie, e prosegue attraverso il medioevo e il rinascimento con le corporazioni di lavoratori dell’arte della lana e il successo in tutta Europa dei filati e tessuti italiani. Passa per la rivoluzione francese, con le sue “tricoteuses” che sferruzzavano sedute davanti alla ghigliottina, e per quella americana cui hanno contribuito le pioniere, le famose «api che sferruzzano», per arrivare alla Grande Guerra, quando gli indumenti di lana fatti a mano da chi stava a casa hanno contribuito a tener caldi i soldati in trincea, e alla seconda guerra mondiale, quando le spie-magliaie si sono servite della maglia come di un codice segreto per inviare messaggi che non dovevano essere intercettati.

Dopo un periodo di stasi, il lavoro a maglia è poi tornato alla ribalta negli anni Sessanta con il movimento hippie, diventando uno strumento di rifiuto dell’omologazione e del consumismo imposti dal «sistema». In anni recenti le neuroscienze hanno scoperto che i tessuti fatti ai ferri sono ottimi per rappresentare concetti della fisica d’avanguardia difficili da ricreare con altri materiali, ma anche che lavorare a maglia ha sulla mente e sul fisico gli stessi effetti terapeutici calmanti e rilassanti dello yoga e della meditazione.

E il movimento femminista ha infine smesso di considerare quest’attività un simbolo della sottomissione femminile, ma l’ha anzi rivalutata tramutandola in un segno di liberazione dagli stereotipi di genere. Oggi in tutto il mondo si assiste a fenomeni di mobilitazione spontanei come lo “yarn bombing” e l'”urban knittering”, veri e propri gridi di protesta pacifici contro le diseguaglianze di ogni tipo, sociali, razziali e di genere, contro gli aspetti più deleteri della globalizzazione, l’ecodevastazione del nostro pianeta e la dilagante realtà virtuale, nel cui freddo cyberspazio siamo allo stesso tempo strettamente connessi e spaventosamente isolati.

Siamo disorientati e abbiamo un disperato bisogno di strategie e strumenti per «guarire» la società in cui viviamo. Guardando al passato, ci accorgiamo che il lavoro a maglia è sempre stato un leit motiv, un filo conduttore, una sagola che ha permesso all’umanità di attraversare in sicurezza i mari tempestosi delle transizioni epocali. Ed è per questo che ancora oggi può aiutarci a intrecciare relazioni in modo più creativo e a ritrovare il bandolo della matassa delle nostre vite.”

Photo by rocknwool on Unsplash

Sono rimasta colpita da queste pagine, le ho trovate illuminanti, chi avrebbe mai detto che il lavoro a maglia fosse tutto questo? Passione si,  protesta attiva e mai violenta, ma che potesse avere un’importanza anche politica e sociale nei vari secoli storici? Non voglio spoilerare il libro ovviamente, ma vi consiglio di leggerlo perché è un’interessante cammino dalla scoperta dei primi ferri da maglia ai mitici anni 70, quelli della contestazione, per arrivare ai giorni nostri dove è diventata anche una “Knitting teraphy” ma c’è molto molto di più.

l’autrice Loretta Napoleoni è davvero bravissima nell’intercalare ricordi della sua infanzia, con momenti della sua vita attuale, intrecciandoli come fili di lana in un maglione, con tutto quello che è la storia della maglia in questi ultimi secoli e prima ancora.

Ho scritto anche troppo ma volevo farvi conoscere questo piccolo capolavoro adatto veramente a tutti, uomini e donne, knitters esperti o dilettanti come me. La vostra visione del lavorare a maglia dopo questa lettura non sarà più la stessa, vi darà emozioni diverse e conoscerete davveto tantissimi aneddoti e storie che prima vi erano sconosciute.

Sono sicura che ne rimarrete affascinati e forse vi verrà voglia di riprendere in mano quei gomitoli di lana e i ferri da maglia che tenete nascosti in cantina…. Ma di questo ne parleremo nel prossimo post, dove continueremo la chiacchierata parlando di modelli, tecniche e ferri…. del mestiere!

Grazie per essere arrivati fin qui ♥

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